Dal Vangelo secondo Luca (Lc 1,39-45)
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Non ha perso tempo la giovane fanciulla Maria dopo la visita dell’angelo nella sua piccola casa di Nazaret. Ha raccolto il minimo indispensabile per il viaggio e si è incamminata verso l’anziana sua cugina Elisabetta.
Quest’ultima sorpresa dall’arrivo della giovane, sente vibrare dentro di sé il piccolo Giovanni. E le confida che non si tratta di un semplice saluto, ma di sussulto di gioia.
Due donne, improvvisamente al centro della storia e della cronaca perché si sono rese disponibili all’accoglienza di due bimbi che segneranno radicalmente il futuro dell’umanità. Due donne che sono il segno concreto di quanto oggi la comunità ecclesiale è chiamata a fare per essere pronta a realizzare il Natale.
Maria si mette in cammino senza tentennamenti ed Elisabetta è pronta a proporre la gioia di quest’incontro. E’ il passaggio dalla “chiesa della sterilità alla comunità della fecondità”.
Natale è la festa della chiesa che elimina la sterilità e la paura di annunziare che il Cristo, povero della capanna di Betlemme, oggi di gesti coraggiosi fuori della logica dell’interesse e dell’economia. La crisi ecologica ed ambientale che stiamo vivendo e il massacro denunziato dai paesi più poveri del mondo fanno da contraltare ai bisogni economico-finanziari delle superpotenze che continuano ad inquinare la nostra cara terra. Molte delle sciagure e delle vittime dei disastri ambientali che si verificano nel mondo non sono il frutto del caso o del destino, ma piuttosto l’esatto effetto dei mutamenti climatici. Quest’anno le calamità hanno causato la morte di 55 milioni di persone. In termini economici, i danni derivati da siccità, uragani, inondazioni ed altro, si calcolavano in 7 miliardi di euro nel 2008 che sono diventati 11 miliardi di euro nel 2009. Di anno in anno aumenta sia il numero che l’intensità di eventi catastrofici di questo tipo. È molto più che una guerra! Per questo siamo chiamati a dare spazio nella nostra terra al Bambino di Betlemme che purtroppo nascerà fra qualche giorno tra l’indifferenza e gli sprechi di coloro che tranquillamente dirigono le sorti dell’umanità.
Natale è invece la festa della fecondità e della vita. Il Bambino di Betlemme nasce dovunque ridiamo vita alla nostra terra, senza essere una chiesa dell’incontinenza che deve solo ripulire o riparare qualcosa che è andato distrutto.
La gioia del Natale, come lo è stata quella di Elisabetta, quando ha incontrato Maria, ci stimoli ad essere fecondi e vivi e soprattutto a non tornare a cantare solo le nenie di questo santo giorno, ma a chi in questo mondo non ci crede più.
Il direttore
Don Antonio Ruccia