Dal vangelo secondo Luca (Lc 3,1-6)
Nell’anno decimoquinto dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Ed egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sia riempito,
ogni monte e ogni colle sia abbassato;
i passi tortuosi siano diritti;
i luoghi impervi spianati.
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!
Per raggiungere la grotta di Betlemme è necessario che come comunità cristiana sostiamo almeno per un attimo nel deserto per incontrare Giovanni il Battista.
Mi piace immaginarlo così: un uomo dal cuore grande e dalla parola profetica. Un tratto di umanità che spesso non coincide con il cammino e l’agire dei cristiani. Giovanni è presentato spesso come un uomo dal carattere forte e con i tratti dell’intransigenza. In realtà Giovanni proprio nel deserto mostra pienamente la sua disponibilità a Dio e agli uomini, mostra il meglio di sé. Egli è un uomo, un profeta, un esempio a cui guardare per camminare speditamente verso Betlemme.
Anche oggi Giovanni c’invita a non essere insensibili e soprattutto a non lasciare cadere nel vuoto ciò che siamo chiamati a fare per vivere il Natale. Non una chiesa qualunque intenta a preparare nenie natalizie o canti corali commoventi, ma ad aprire il nostro cuore e a non avere paura di essere profetici nell’indicare la via della povertà e della pace come strumenti di evangelizzazione e di riconciliazione dell’umanità.
Anche oggi tantissimi uomini e donne vivono in contesti di marginalizzazione che è la conseguenza del dislivello economico in cui siamo immersi. A quanti vivono oggi nelle baraccopoli si aggiungeranno tantissimi altri nel giro di pochi anni, visto che si preferisce coltivare più terre per biocarburanti, piuttosto che sfamare le bocche che chiedono cibo. E’ il tempo in cui ri-portare l’annuncio di Giovanni, anticipo di quello che Gesù farà successivamente, nei vicoli e sulle strade, per esserci profetici e veri.
Forse potreste pensare che stia parlando di paesi lontani o di aree dimesse di qualche continente. Penso per un attimo a chi ho incontrato qualche giorno fa. In un basso oscuro di una delle nostre cittadine:un uomo e suo figlio. E’ un basso senza finestre, senz’acqua, dall’odore nauseabondo. Quest’uomo e suo figlio sono quel piccolo mondo moderno frutto dell’indifferenza e dell’incuria.
E’ l’ora della “chiesa dal cuore grande”, proprio come il cuore di Giovanni il Battista che si è speso senza paura di perdere la faccia di fronte ai grandi, come ai benpensanti del popolo. Da questa storia di degrado e di indifferenza ogni comunità, oltre al pacco dei poveri da portare all’altare o alla preghiera da far recitare ai più piccoli, deve intraprendere un cammino di speranza che concretizzi i valori della solidarietà, dell’accoglienza, della lotta all’omofobia e all’emarginazione sociale, scovando proprio i luoghi dove si è perso il senso del vivere .
La Chiesa che cammina verso Betlemme non può fermarsi nel deserto ad ascoltare la voce altisonante di Giovanni, ma deve procedere, anche con celerità, per far rinascere il Cristo soprattutto nei luoghi abbandonati e dimenticati.
Il Direttore
Don Antonio Ruccia