In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?».
E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».
CRITERI DI GIUSTIZIA
Molti dei criteri delle scelte si fanno dipendere dai redetti. Ma Gesù usa altri parametri per i suoi criteri e le sue scelte.
A chi uscito fuori dalla massa ha osato chiedere a Gesù che diventasse giudice tra lui e il fratello circa un’eredità a suo avviso non divisa equamente, lo stesso ha replicato che fosse il caso di non pensare ad accumulare, ma ad investire preoccupandosi degli altri. Un criterio che non solo rivela il valore della solidarietà, ma che richiede anche quello della sussidiarietà.
E’ questo il segno di un’opzione a cui non solo chiamati solo i singoli cristiani, ma anche l’intera comunità ecclesiale. Come Chiesa non siamo chiamati ad accumulare, ma ad investire e a dare certezze.
La lotta europea contro la povertà è un richiamto esplicito a non accumulare ciò che potrebbe essere utile per gli altri. L’ultima indagine sulla situazione conomica del Sud Italia rivela che già una famiglia su cinque è in uno stato di povertà. Questo sembra essere un controaltare che spesso affiora nella “chiesa dell’accumulo”. Più che oro da ornamento alle nostre chiese, dobbiamo onorare la dignità delle singole persone a cominciare da chi è in difficoltà.
Stare dalla parte di chi è precipitato nel baratro, vuol dire andare oltre ogni logica dei “paperoni” e di chi naviga o si tuffa nei propri interessi. La nuova evangelizzazione è possibile se non faremo marcire soprattutto i beni donati, frutto della generosità soprattutto dei più poveri, e li investiremo per realizzare una comunità della solodarietà e soprattutto della sussidiarietà.
Il Direttore
Don Antonio Ruccia