PENTECOSTE: FESTA DI UNA CHIESA CHE NON PIU’ SACRESTIE – Domenica 27 Maggio 2012

+ Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 15,26-27; 16,12-15) 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.
Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

 

PENTECOSTE: FESTA DI UNA CHIESA CHE NON PIU’ SACRESTIE

Le caratteristiche dello Spirito indicate dall’evangelista Giovanni indicano la strada che i discepoli sono chiamati a concretizzare per diventare una comunità totalmente nuova che non ha né lo sguardo delle ristrettezze, né quello delle piccolezze: una comunità che emana l’amore di Dio e cammina verso il futuro.

Infatti, lo Spirito è un dono del Padre. Come ogni dono è segno di un’attenzione e di un amore verso qualcuno. Il Padre non vuole discepoli che siano automi e camminino come marionette pilotate dall’alto con i fili e che parlino e cambino la voce per far sorridere la gente.

Lo Spirito è per l’evangelista Giovanni colui che soccorre: il Paraclito. Non è un avvocato che si arrampica sugli specchi per dimostrare l’innocenza dell’assistito, ma è il dono che è trasfuso affinché i discepoli diventino testimoni veri di una comunità che, similmente, trasfonde il suo amore e lo rende concreto nel servizio gratuito verso l’umanità.

E’ per mezzo dello Spirito che è possibile una speciale forma di predicazione della comunità (At 13,15; Rom 12,8; Fil 1).

E’ un’esortazione pastorale di vicendevole aiuto e d’incoraggiamento presente tra i ministri affinché emergano i carismi di tutti e questi siano al servizio dell’edificazione di un mondo in cui giustizia e pace possano concretizzarsi.  E’ quello che già Paolo aveva affermato a Corinto. (1 Cor 14).

Con i carismi, dono del Padre per mezzo dello Spirito, la comunità ecclesiale raccolta in unità diventa viva in ogni suo compito grazie all’apporto di ciascuno per una missione che sia rivolta al mondo: è la comunità dei trasfusi e dei trapiantati che non vive alle dipendenze di qualcuno, ma è voce per un miglioramento di tutti.

Paolo enuclea in nove carismi:

  • due in riferimento all’istruzione: sapienza e scienza;
  • tre di tipo operativo: fede, guarigioni, operazioni di miracoli;
  • quattro riguardanti la parola: profezia, discernimento, lingua e interpretazioni delle lingue.

L’apostolo non ha alcun dubbio nell’affermare che il soggetto dell’azione evangelizzatrice è la comunità, ma ogni carisma è un tassello per l’edificazione e la missione della stessa. Solo la comunità che vive l’unità nella missionarietà i diversi doni possono offrire le dinamiche pastorali della comunione e della missione.

La comunità ecclesiale d’oggi rifacendosi a questo modello di sinteticità eucaristica e missionaria nello stesso tempo non solo concretizza il binomio Eucarestia/Chiesa, ma lo esplicita chiaramente poiché è possibile evincere come l’Eucarestia fa la Chiesa e la Chiesa fa l’Eucarestia.

A partire dalla triplice distinzione dei carismi oggi la comunità ecclesiale può modellarsi affinché:

  • la catechesi debba essere fonte di ricerca, approfondimento e capacità di integrazione tra fede e vita di cui ognuno è soggetto e fonte di vita da trasmettere; ciò perché attraverso la conoscenza e la scoperta della Parola di Dio non solo è invitato ad una lettura introspettiva, esegetica e dogmatica, ma anche a far evincere le conseguenze derivanti dall’esperienza in cui ciascuno diventa “maestro dell’altro” (cf 1 Cor 11,29). Nessuno è catechista di un altro, ma è suo testimone nella fede e nel medesimo tempo cooperatore dell’evangelizzazione scaturita dall’approfondimento della Parola a livello personale, ma soprattutto comunitario;
  • la fede in riferimento al secondo gruppo di carismi permette di capire come questa non è finalizzata alle manifestazioni miracolistiche, ma alla quotidiana attenzione nell’evangelizzazione che deve compenetrarsi nei gesti e nelle azioni che dai ragazzi arriva fino agli adulti. È l’arte dell’educare con nuovi linguaggi verso credenti e non; della formazione di saggi educatori a livello teologico-culturale-pedagogico; del rilanciare l’azione oratoriana, dell’indicare la strada della comunione tra gruppi, associazioni, movimenti; della pietà popolare da rievangelizzare; dei sacramenti da concretizzare per un’evangelizzare delle famiglie;
  • la testimonianza da concretizzarsi nella realizzazione che permetta il discernimento dei segni dei tempi mirante a vivere secondo lo Spirito. La profezia e il discernimento degli spiriti sono carismi complementari, così come le lingue e la loro interpretazione. La profezia non era soltanto predicazione di cose future (At 21,10) e svelamento dei segreti dei cuori (1 Cor 14,25), ma più ordinariamente discorso di edificazione, di esortazione e di consolazione (1 Cor 14,1). Essa non scaturisce dalla scelta dei membri di un consiglio pastorale, ma dall’innestarsi comunitario nelle vicende storiche. Infatti, oggi la Chiesa si rinnova attraverso persone tenaci, che credono profondamente e fondano la vita sulla loro fede. Questo in altri termini vuol dire tornare alle radici: la parola, le relazioni autentiche, la sobrietà di vita per uno stile pastorale più comunicativo. Nasce un’immagine di Chiesa che sta vicino alle persone, al quartiere, che non pretende, che non fa chiasso, però è efficace.

E’ la chiesa che diventa comunità e che non mette i suoi paramenti nelle sacrestie, ma al contrario, non smette i suoi abiti liturgici e si veste tra la gente rendendo concreto l’amore di Dio.

 

Il direttore

Don Antonio Ruccia

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