IL PERCORSO UNITARIO DI INTERVENTO
A poco più di due settimane dall’evento, dopo aver accompagnato e sostenuto il lavoro delle Caritas diocesane con periodiche visite in loco, il 9 settembre u.s. Caritas Italiana ha convocato tutte le Caritas diocesane colpite dal terremoto (Rieti, Ascoli Piceno, Spoleto-Norcia, Macerata, Fermo, Camerino, San Benedetto del
Tronto, L’Aquila e Teramo), i Delegati regionali Caritas ed i referenti regionali del Coordinamento Emergenze delle quattro regioni ecclesiastiche coinvolte (Lazio, Marche, Umbria, Abruzzo-Molise) per fare il punto della situazione in un’ottica di confronto e condivisione.
Oltre trenta i partecipanti all’incontro, tra direttori Caritas e operatori impegnati nella gestione dell’emergenza. Erano inoltre presenti l’Arcivescovo di Spoleto-Norcia S.E. Mons. Renato Boccardo e il Vescovo di Ascoli Piceno, S.E. Mons. Giovanni D’Ercole. Anche il Vescovo di Rieti S.E. Mons. Domenico Pompili, che non ha potuto partecipare all’incontro per sopraggiunti impegni, ha chiamato don Francesco Soddu per salutare e ringraziare le Caritas per quanto stanno facendo.
Unanime è stata la condivisione del metodo con cui continuare a stare accanto alle persone colpite dal sisma: non un pacchetto già confezionato di interventi, ma restare in costante ascolto dei bisogni che man mano emergono per poter concordare interventi mirati, nella consapevolezza di un contesto in continuo
mutamento.
LE ATTENZIONI DA PROMUOVERE
Proprio in base alla lettura del particolare contesto delle zone colpite dal terremoto e all’esperienza maturata in passato, si è suggerito alle Caritas diocesane di promuovere alcune attenzioni.
- In primo luogo essere capaci di discernimento anche nel caos dell’emergenza, acquisendo uno stile di intervento in grado di filtrare esigenze e bisogni prioritari.
- Attivare presenze di operatori pastorali e volontari (a partire da quelli espressione delle comunità diocesane direttamente colpite) in risposta a specifici bisogni, soprattutto di tipo relazionale, senza però trascurare il bisogno di animazione e di stimolo dell’intera comunità cui sarà consegnata la cura e la presa in carico delle persone in situazione di difficoltà. Operatori capaci di ascoltare, osservare, conoscere, leggere con sapienza e confrontare in modo esperienziale, integrato e corretto, il vissuto di tante persone in disagio, i drammi e le difficoltà di tante famiglie.
- Scegliere di mettere al centro la comunità, cioè favorire da parte di tutti, a diversi livelli (comuni, parrocchie, scuole, agenzie culturali e ricreative, realtà lavorative ed economiche …) l’attenzione ai problemi dei territori, individuando e moltiplicando le azioni di informazione, sensibilizzazione e animazione, studiando modalità di coinvolgimento specifiche e mirate sui vari destinatari.
- Coordinare le varie espressioni del territorio, cioè facilitare il raccordo e la collaborazione con ogni ente, pubblico e privato, chiamato a costruire risposte ai diversi bisogni. Occorre soprattutto lavorare con continuità, nel rispetto dei ruoli e delle specifiche responsabilità, per costruire ampie intese e realizzare strategie adeguate: dalla prevenzione alla risposta, dalla promozione all’accompagnamento, fino al reinserimento delle persone in difficoltà nella ordinarietà della vita.
- Ricollocare l’emergenza nella quotidianità. Il servizio più prezioso che si deve ad una comunità colpita da emergenza è quello di restituirle fiducia valorizzandone il quotidiano, lavorando perché le tradizioni, la cultura, le ricchezze e le opportunità (prima ancora dei bisogni e delle esigenze) emergano e diventino visibili. È condizione essenziale perché ciascuno possa ritrovare in sé le risorse per fronteggiare, prendere in carico e far rientrare le emergenze in cammini di quotidianità.
- Una carità quotidianamente testimoniata senza clamore attraverso le tende montate, i pasti distribuiti, le preghiere insieme, gli incontri nelle “tende Caritas”, i giochi coi bambini e il sostegno dato agli anziani, il denaro offerto, quanto si riuscirà a ricostruire…. Ridare una casa, una scuola, una struttura comunitaria, un’attività lavorativa a chi attende di cancellare le tracce del terremoto, una chiesa a chi prega in una tenda: non è questione di mettere bandierine o di apparire nei riflettori mediatici, così come non è solo questione di soldi e strumenti, ma è soprattutto lo “stile Caritas”, di solidarietà e speranza declinate giorno per giorno, accanto alle persone.
LA PROSSIMITÀ DELLA CHIESA
La presenza e la prossimità della Chiesa è stata infatti immediata attraverso i vescovi ed i parroci coinvolti, che fin dal primo giorno stanno condividendo con le comunità l’evolversi della situazione. Le Caritas diocesane hanno immediatamente attivato gruppi operativi di supporto, grazie alle Caritas parrocchiali ed al più ampio coinvolgimento delle realtà diocesane (associazioni, istituti religiosi, gruppi spontanei…) che stanno garantendo prossimità e conforto alle famiglie delle vittime ed una assistenza qualificata agli sfollati, con particolare attenzione alle situazioni di particolare fragilità (anziani, ammalati, minori, disabili…) e, territorialmente, alle frazioni ed alle piccole realtà lontane dai riflettori.
Da tutta Italia sono arrivate, attraverso la rete Caritas, le disponibilità di volontari, beni e servizi che sono stati segnalati alle Caritas diocesane coinvolte, soprattutto per un utilizzo a medio-lungo termine nelle forme più utili rispetto agli effettivi bisogni, nella prospettiva di possibili gemellaggi di prossimità.
La Conferenza Episcopale Italiana, che fin da subito ha dimostrato la sua prossimità stanziando un primo contributo di 1 milione di euro dai fondi 8xmille per far fronte alle prime urgenze e bisogni essenziali, ha invitato “le diocesi, la rete delle parrocchie, degli istituti religiosi e delle aggregazioni laicali […] ad alleviare le difficili condizioni in cui le persone sono costrette a vivere” ed indetto subito una colletta nazionale che culminerà nella giornata di domenica 18 settembre, in concomitanza con il 26° Congresso Eucaristico Nazionale.
IL COINVOLGIMENTO DELLE CARITAS DIOCESANE E DELLE DELEGAZIONI REGIONALI CARITAS
Fin dalle primissime ore dall’evento, Caritas Italiana ha contattato i direttori delle Caritas diocesane coinvolte per testimoniare la prossimità di tutte le Caritas diocesane italiane e manifestare la disponibilità a qualsiasi intervento fosse necessario.
Fortunatamente il sisma ha coinvolto soprattutto ristrette porzioni di territorio delle diocesi, consentendo a queste innanzitutto di attivare tutte le strutture diocesane, le associazioni, gli istituti religiosi, le comunità parrocchiali non colpite per garantire risposte immediate. Caritas Italiana ha supportato questa azione diretta ed immediata mettendo a disposizione una prima somma proveniente dal milione stanziato dalla CEI a questo scopo (vedi oltre). Si sono attivate subito anche le delegazioni regionali Caritas territorialmente coinvolte (Marche, Lazio, Umbria, Abruzzo-Molise) alle quali è stato chiesto di supportare prioritariamente le proprie Caritas diocesane interessate, anche con presenze operative in loco (se richiesto dalle Caritas).
Alle altre Caritas diocesane e delegazioni regionali è stato chiesto soprattutto di animare le proprie comunità alla condivisione con le popolazioni colpite, registrando eventuali disponibilità (volontari, tende…) in attesa che si delineino le necessità a medio-lungo termine, dopo la fase di emergenza acuta.
Verrà anche valutata la possibilità di attivare specifici “gemellaggi” (soprattutto attraverso presenze qualificate o supporto/finanziamento di specifiche progettualità) secondo le esperienze felicemente sperimentate in analoghe emergenze.
Una delle peculiarità di questo sisma è quella di aver causato un gran numero di vittime tra i non residenti, soprattutto turisti o persone con forti legami familiari in quei territori. Ad esempio, delle 241 vittime riconosciute nella provincia di Rieti, ben 136 erano residenti su altri comuni (soprattutto Roma). Analoga situazione è stata registrata per le vittime nei comuni marchigiani.
Per questo motivo, si stanno attivando le Caritas diocesane di provenienza delle vittime (soprattutto quelle del Lazio e delle Marche) per garantire, attraverso le parrocchie, un adeguato supporto alle famiglie delle vittime, anche individuando azioni mirate. Una analoga attenzione sarà attivata con le famiglie di vittime straniere.
LE FASI DELL’INTERVENTO CARITAS
In base alla lettura del territorio e dei bisogni della popolazione che le Caritas stanno conducendo nei rispettivi territori, a 20 giorni dall’evento si possono delineare le prime linee di sviluppo dell’intervento:
- emergenza e primo aiuto (fase attuale): sostegno alla popolazione (generi alimentari, prodotti per l’igiene…), allestimento di tende comunitarie, sostegno ai parroci, attenzione alle fragilità (anziani, minori, malati…), supporto alle famiglie delle vittime…
- accompagnamento della popolazione (fino alla chiusura delle tendopoli): presenza nelle tendopoli, monitoraggio delle “tende sparse”, attività di ascolto, animazione delle comunità, segretariato sociale, rilevazione dei bisogni…
- interventi di sostegno diretto alle famiglie (contributi economici per particolari esigenze, acquisto di arredi, suppellettili, elettrodomestici andati distrutti) ed alle piccole realtà economiche a carattere familiare, sia per microinterventi di ripristino di strutture e attrezzature andate distrutte che per l’acquisto (per allevatori e agricoltori) di sementi, concimi o alimenti per il bestiame.
Per questa fase verrà impegnata tutta la risorsa messa a disposizione dalla CEI (1 milione di euro), già in parte (250 mila euro) anticipata alle diocesi per le prime necessità.
Contemporaneamente, è stato suggerito alle Caritas diocesane, attraverso il più ampio coinvolgimento di tutte le Diocesi, di immaginare uno specifico “progetto pastorale” per i territori coinvolti, valorizzandone le risorse e le potenzialità presenti.
In base alla disponibilità che verrà garantita dalla colletta nazionale del 18 settembre, potranno essere successivamente finanziati progetti di ricostruzione (spazi comunitari, scuole, servizi sociali e caritativi, strutture di accoglienza…) o di riabilitazione socio-economica (progetti di animazione e aggregazione, interventi a favore di persone in situazione di grave emarginazione, ripristino di realtà produttive, sostegno al reddito…).
Per questo motivo, è fondamentale il riferimento unitario a Caritas Italiana per quanto riguarda la gestione della colletta indetta dalla Conferenza Episcopale Italiana. Questa scelta è dettata non solo dalla necessità di ottemperare alla normativa ecclesiastica (l’Istruzione in Materia Amministrativa della CEI al n.32 stabilisce che “le offerte raccolte in occasione delle collette indette dalla CEI o dalla Caritas Italiana per fare fronte ad eventi calamitosi devono essere inviate integralmente all’ente collettore”) e civile vigente, ma anche per rendere possibile una progettazione degli interventi commisurata alle risorse complessivamente disponibili, unitaria e, di conseguenza, equa, evitando interventi diretti e non coordinati che potrebbero creare disuguaglianze e disparità di trattamento nei confronti della popolazione appartenente a comunità parrocchiali diverse.
AGGIORNAMENTI DALLE DIOCESI COINVOLTE RIETI (Lazio)
Nei comuni della Diocesi di Rieti si è registrato il maggior numero di vittime, 245, residenti o provenienti da altri comuni o dall’estero. Ad oggi risultano oltre 1.100 persone accolte nei numerosi campi allestiti dalla Protezione Civile e nelle tendopoli sorte spontaneamente nelle varie frazioni.
Ad Amatrice, il comune maggiormente colpito, il Vescovo ha voluto un presidio fisso della Caritas (“tenda Caritas”) costantemente aperto ed un servizio itinerante di ascolto e monitoraggio dei bisogni, con particolare attenzione alle situazioni di fragilità (anziani, minori, ammalati…). In tutte le tendopoli vengono garantite l’assistenza religiosa (attraverso i parroci o altri presbiteri giunti a supporto), l’ascolto e la condivisione. Per le persone che sono già state trasferite a Rieti, sono state attivate le parrocchie di riferimento.
Rispetto alle numerose persone che non hanno voluto trasferirsi nelle tendopoli e vivono in tende o situazioni provvisorie accanto alla propria casa (perché inagibile o per paura), grazie alla disponibilità dei gruppi scout locali, è stata condotta una mappatura su tutti i comuni (e relative frazioni) coinvolti, rilevando le presenze (sia di sfollati che di strutture di soccorso) e garantendo la risposta – attraverso i magazzini Caritas o acquisto diretto di beni – ai bisogni primari rilevati.
Per le aziende o piccole imprese (es. agricole, allevamento) a carattere familiare, oltre ad un eventuale supporto/segretariato per l’accesso a contributi e agevolazioni (es. attraverso organizzazioni di categoria), si sta valutando la possibilità di attivare immediati microinterventi economici per il ripristino di strutture danneggiate (es. rifacimento coperture ricovero animali, acquisto attrezzature/mangimi andate distrutte…).
“Accompagnare, ricostruire e imparare a credere” sono le priorità pastorali delineate dal Vescovo, S.E. Mons. Pompili. “Accompagnare significa stare accanto, muoversi al passo degli sfollati che pagano il pezzo più alto, condividere con loro il tratto di strada lungo verso la collocazione in moduli abitativi”. Poi la ricostruzione. “Ad Amatrice è stato montato un ospedale da campo. Ed è quello che ci aspetta. Dovremo stare accanto a chi è stato colpito dopo che i riflettori si spegneranno. Ci vorrà una lunga fase di ascolto, condivisione e sostegno”. “Ci hanno chiesto una spalla per piangere e una mano da stringere” per combattere la solitudine. Serve anche “vigilare perché si tenga conto della necessità di dare spazi alla comunità”. Infine “imparare a credere anche quando tutto è privo di senso”.
ASCOLI PICENO (Marche)
50 vittime, paesi completamente distrutti, oltre 1.100 sfollati.
Tre i comuni colpiti: Arquata del Tronto (AP), con le sue frazioni Pescara del Tronto (completamente distrutta), Spelonga e Pretare; Montegallo (AP) e le frazioni Balzo e Uscerno; Acquasanta Terme (AP).
Il Vescovo, S.E. Mons. D’Ercole, ha condotto personalmente, fin dai primissimi minuti dopo il sisma, gli interventi di prossimità umana e di presenza pastorale sui territori coinvolti, accompagnando la Caritas diocesana e le altre presenze ecclesiali, tra le quali segnaliamo la pastorale giovanile diocesana che si sta prodigando soprattutto nell’organizzazione di attività per i giovani presenti.
In tutte le tendopoli è stata garantita la presenza del parroco e – per agevolare una più celere ripresa della attività pastorale – di un diacono e di volontari provenienti dal territorio diocesano che fanno operativamente riferimento alla Caritas diocesana.
Si sta procedendo con la valutazione dei bisogni (materiali, economici, pastorali) per programmare il prosieguo dell’intervento.
Una cura particolare è stata riservata alle famiglie delle vittime, anche quelle non residenti nel comuni marchigiani, attraverso un costante affiancamento e azioni di supporto, a secondo delle necessità. Una famiglia sarà ospite anche del prossimo Congresso Eucaristico.
La Caritas di Ascoli Piceno è stata affiancata, fin dai primissimi giorni, dalla Delegazione Regionale Caritas delle Marche, che ha garantito presenza e prossimità (anche operativa) attraverso i referenti del coordinamento emergenze e periodiche visite in loco.
SPOLETO-NORCIA (Umbria)
La situazione di Norcia, prima della scossa dei giorni scorsi, si presentava già variegata. Alcune frazioni, come San Pellegrino (150 abitanti stabili) presentavano molti danni, con case distrutte.
C’è ora un numero imprecisato di persone che sta dormendo in macchina, non solo perché vogliono stare davanti alla casa o alla stalla crollata, ma perché ritengono che l’automobile sia l’unico luogo sicuro dove passare la notte.
Gli sfollati in alta Valnerina sono almeno un migliaio. Al di fuori del territorio del comune di Norcia, c’è gente sfollata a Monteleone di Spoleto, a Preci e, soprattutto, a Cascia dove, nella frazione di Avendita, sono stati dichiarati inagibili gli alloggi popolari che ospitavano sette famiglie, ora accolte nelle tende. È stata effettuata una attenta mappatura delle realtà economiche presenti nel territorio per poter avviare, quanto prima, specifici interventi a supporto delle realtà più fragili, o scarsamente raggiunte dall’intervento della protezione civile.
CAMERINO-SAN SEVERINO MARCHE (Marche)
Le situazioni più problematiche si segnalano ad Ussita (10 le case inagibili e 70 le persone in tenda) e Sant’Angelo sul Nera (12 le case inagibili e 60 le persone che vivono nelle tende). Altre famiglie hanno trovato accoglienza presso parenti o vicini.
FERMO (Marche)
Nel Comune di Amandola (Fermo) sono 20 le famiglie con grave disagio dovuto alla perdita dell’abitazione. È attiva una tendopoli che accoglie circa 90 persone, dove è stato allestito anche uno
spazio (tenda) per attività dei ragazzi ed anziani. A Montefortino (Fermo) ci sono 20 famiglie sfollate, accolte in una tendopoli che ospita circa 110 persone. A Gualdo Amandola (Macerata) sono 5-6 le famiglie sfollate, anche se non risultano tendopoli; le famiglie hanno trovato sistemazione temporanea presso amici e parenti. Numerosi problemi si registrano per le case in campagna e nelle frazioni. Nel Comune di Sant’Angelo in Pontano (Fermo) ci sono famiglie sfollate e con case inagibili; le famiglie sono ospitate presso un albergo di Urbisaglia, con il supporto del Comune. A Falerone (Fermo) sono 4 le famiglie sfollate (la case sono agibili, ma a rischio perché vicino alla torre del Comune a rischio crollo). È stato allestito un campo presso il palazzetto sportivo. A Monte San Martino (Fermo) sono segnalate 3 famiglie sfollate.
A Monte Giberto (Fermo) si segnalano 3 famiglie sfollate: è attiva una piccola tendopoli, allestita dal Comune con la protezione civile comunale presso la palestra. A Loro Piceno (Macerata) ci sono 12 famiglie sfollate: non è stato allestito un campo, le famiglie sono state sistemate tramite amici, parenti ed accordi con un albergo vicino. A Montappone (Fermo) ci sono 2 famiglie sfollate; non è stato allestito un campo, le famiglie sono state sistemate tramite amici e parenti. A Montegiorgio (Fermo) e Penna San Giovanni (Macerata) sono segnalati danni solo agli immobili.
MACERATA-TOLENTINO-RECANATI-CINGOLI-TREIA (Marche)
Le Parrocchie interessate dal sisma sono 14, distribuite su 5 comuni civili: Colmurano, Urbisaglia, Pollenza, Tolentino e Treia. Le persone sfollate sono circa 230 e hanno trovato assistenza dai rispettivi Comuni attraverso, alberghi, alloggi pubblici, monasteri, tende di Protezione Civile, rimanendo comunque nel contesto sociale di origine.
L’AQUILA (Abruzzo-Molise)
La Protezione civile segnala sfollati (soprattutto per paura delle scosse notturne) nei comuni di Campotosto, Montereale, Capitignano e Cagnano Amiterno (circa 350 persone). A Montereale il Comune, attraverso la protezione civile regionale, ha attrezzato una tenda grande nel paese e altre piccole nelle frazioni, dove chi vive nella paura può passare la notte.
La diocesi è impegnata anche nel sostegno/supporto ai circa 20 anziani trasferiti dalla “Casa don Minozzi” di Amatrice a quella di Ofena (AQ), con presenze periodiche di volontari anche della Caritas di Sulmona e della Pro-Loco di Navelli.
La Caritas diocesana è inoltre attiva nel supporto alle famiglie (14) accolte nelle strutture del “Piano C.A.S.E.” e M.A.P presenti nel comprensorio di L’Aquila e frazioni e in alcuni comuni limitrofi. In particolare si segnalano sette famiglie accolte a Coppito, tre a Sant’Elia, due a Cese di Preturo, una a Roio Poggio e Ocre.
La Caritas segnala la propria collaborazione con Progetto VELINO FOR CHILDREN-sisma 2016 (che coinvolge la Comunità Montana del Velino, capofila per i servizi distrettuali con l´Università degli Studi dell´Aquila, il CNR Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione, in collaborazione il Comune di Rieti, con Cesv ed enti di varia natura) nato per fornire risposte efficaci alla popolazione in età scolare, alle famiglie, alle scuole, sia nell´immediata emergenza che nel post-emergenza.
TERAMO-ATRI (Abruzzo-Molise)
Fortunatamente non si registrano vittime, ma significativi sono stati i danni al patrimonio edilizio. La Protezione civile segnala la presenza di sfollati (soprattutto per paura delle scosse notturne) nei comuni di Valle Castellana e Rocca Santa Maria (circa 200 persone).
La Caritas segnala altri sfollati nei comuni di Crognaleto, Valle San Giovanni, Montorio al Vomano, Isola del Gran Sasso, Torricella Sicura, Cortino. Si tratta perlopiù di persone accolte presso familiari o amici.
LE CIFRE UFFICIALI
295 vittime, migliaia di sfollati, danni ingenti al patrimonio edilizio pubblico e privato, alle chiese, alle strutture economiche. Questi i dati principali del sisma che ha colpito, nelle prime ore del 24 agosto scorso il Centro Italia, al quale sono seguite – nelle prime due settimane – oltre seimila repliche, che stanno duramente provando le popolazioni coinvolte. E maltempo e inverno sono alle porte.
Nel “cratere” attualmente sono compresi 17 comuni di 7 diocesi (Rieti, Ascoli Piceno, Spoleto-Norcia, Fermo, San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto, L’Aquila, Teramo-Atri) su 4 regioni ecclesiastiche (Lazio, Marche, Umbria, Abruzzo-Molise).
In particolare, si tratta dei comuni di Accumoli, Amatrice, Cittareale (Diocesi di Rieti), Acquasanta Terme, Arquata del Tronto, Montegallo (Diocesi di Ascoli Piceno), Cascia, Norcia, Monteleone di Spoleto, Preci (Diocesi di Spoleto), Montefortino (Diocesi di Fermo), Montemonaco (Diocesi di San Benedetto del Tronto),
Montereale, Capitignano, Campotosto (Diocesi di L’Aquila), Valle Castellana, Rocca Santa Maria (Diocesi di Teramo).
Secondo i dati della Protezione Civile, al 10 settembre sono 4.490 le persone assistite (presso tendopoli, campi spontanei, altri alloggi) di cui quasi duemila nelle Marche, poco più di mille rispettivamente nel Lazio e in Umbria e quasi trecento in Abruzzo. Solo 160 le persone che hanno deciso di trasferirsi negli alberghi a San Benedetto del Tronto. A questi numeri “ufficiali” certamente vanno aggiunte altre situazioni non censite (es. residenti dei comuni/frazioni nell’area di interesse del sisma che, soprattutto per paura, continuano ad alloggiare fuori casa) e chi si è autonomamente spostato presso parenti o amici in altri comuni del territorio.
Fortunatamente, nei primi rilievi effettuati sugli edifici privati, oltre il 60% (sui 756 sopralluoghi effettuati al 9 settembre dalla Protezione civile, a partire dagli immobili meno colpiti) risultano agibili; agibili anche il 70% delle scuole e degli edifici pubblici.
Gli edifici di culto e le strutture pastorali parrocchiali e diocesane hanno subito danni su quasi tutto il territorio coinvolto dal sisma.
La Protezione Civile (che ha stimato la presenza di oltre 5 mila soccorritori in questi primi giorni) ha predisposto un piano che prevede la realizzazione di abitazioni provvisorie entro sette mesi (marzo 2017), mentre procedono le operazioni di soccorso (in alcune frazioni si sta ancora scavando alla ricerca di eventuali altre vittime) e di assistenza alla popolazione.
In questa prima fase, lo Stato garantisce un “contributo di autonoma sistemazione” di 200 euro a persona (più alto per particolari fragilità) per un massimo di 600 euro a famiglia per opta per l’accoglienza presso parenti o stipulando autonomamente contratti d’affitto. In alternativa, si stanno censendo le seconde case agibili della zona (attraverso il progetto “Amatrice solidale”) oppure alberghi e altre strutture ricettive soprattutto nel litorale adriatico ed a Rieti dove accogliere gli sfollati disponibili a spostarsi. Per i titolari di aziende agricole o con animali da accudire, sarà possibile avere una sistemazione temporanea (es. container) da collocare vicino casa, dopo le opportune valutazioni.
GLI STRANIERI COINVOLTI
Dal punto di vista delle vittime, è stata una tragedia che ha accomunato residenti, turisti da altre provincie e stranieri. Di quest’ultima categoria, sono state 18 le vittime, di cui dieci romeni, tre inglesi, una spagnola, un albanese, una italo-filippina, una salvadoregna e un afgano.
Storie diverse tra loro, accomunate in un unico, tragico, finale. I londinesi Maria e William Hennicker Gotley sono morti nella loro casa a Sommati, insieme al figlio di una coppia di connazionali, Marcos Burnet. Sook Mancini, origini filippine, ma nata in Corea del Sud, è morta mentre era in vacanza con il compagno Diego Galante. Maricica Iosub era cameriera in un ristorante di Amatrice. Non ce l’ha fatta Emanuel Bulmoaga, di soli 11 anni. Nel sisma ha trovato la morte la spagnola Ana Huete Aguilar, 27 anni, ad Amatrice con il compagno italiano. Deceduta Aurelia Daogaru, 34 anni, impegnata nel volontariato e residente a Nettuno. Come lei, originarie della Romania anche Giorgeta Braier, 59 anni, Steluta Novac, 47 anni, Violeta Moldovan, 37 anni ed Elena Olaru, 67 anni, badante. Da dieci anni in Italia, anch’essi romeni, erano Simona e Victor Paunescu. Aura Popa, 42 anni, viveva a Sezze: il sisma ha ucciso lei, il marito e la figlia. Viveva ad Amatrice il
trentenne Erion Toro, di origine albanese. Rosaura Valiente Oviedo, 59 anni, era originaria di El Salvador, ma viveva ad Amatrice.