Mercoledì 12 giugno, alle ore 19.30, la Parrocchia S. Antonio in Bari-Carbonara, accoglierà per un incontro-testimonianza Fratel Biagio Conte da Palermo, laico povero secondo il vangelo, fondatore della Missione “Speranza e Carità”.
Da trent’anni questo eremita laico accoglie i senzatetto di Palermo nelle case della sua missione «Speranza e carità». E così facendo restituisce loro la dignità e il coraggio perduti.
Non è un frate, non è un sacerdote, è solo fratel Biagio. Un missionario laico, un eremita, un pellegrino, un servo del Signore che s’è fatto povero tra i poveri, per dare loro voce e urlare al mondo che una società che «lascia indietro i più deboli, non è una società giusta, e prima o poi andrà in crisi, in rovina».
Fratel Biagio Conte, da quasi trent’anni, da quando, cioè, ha deciso di cambiare vita, lasciandosi convertire dagli ultimi, offre accoglienza e nuovi motivi di vivere ai senzatetto della sua città, Palermo, ospitandoli nelle case della Missione «Speranza e carità», da lui aperte nel capoluogo siciliano. «Perché una città ricca e importante come Palermo non può dimenticarsi dei suoi diseredati. Com’è possibile che nel 2018 si possa ancora morire nell’angolo buio di una strada, soli come dei cani?», va ripetendo con l’ostinazione di chi sa di avere una missione sacrosanta da compiere.
Questo piccolo, grande uomo di 55 anni, che qualcuno ha già paragonato al poverello d’Assisi, vestito di saio consunto e di un sorriso disarmante, sta ridando speranza e dignità a coloro ai quali la vita ha riservato solo ferite e ingiurie: clochard, disoccupati, vagabondi, prostitute, alcolisti, ex detenuti, migranti. Lo fa usando i modi che la Chiesa conosce da sempre: il digiuno, la preghiera e la vicinanza agli ultimi, in tutto e per tutto.
La sua ultima eclatante protesta è del gennaio scorso: per dieci giorni ha rinunciato al cibo e a un letto, accampandosi sotto i portici delle Poste Centrali di Palermo, proprio come i senzatetto. Pochi cartoni per proteggersi dal freddo, due coperte di pile, la Bibbia, l’inseparabile crocifisso e un’instancabile fiducia nella Provvidenza divina. Ed è accaduto l’imprevedibile. Poco alla volta, la città intera, e non solo, ha iniziato ad accorrere al suo capezzale, per vederlo, sentirlo, pregare con lui, dargli conforto e fargli sentire il calore della solidarietà per la sua battaglia.
Nell’ultimo giorno, fino a notte fonda un fiume umano ha quasi travolto fisicamente il fondatore di «Speranza e Carità», stremato dal lungo digiuno. E con la gente comune sono arrivate anche le autorità civili e religiose: dal sindaco Orlando all’imam della moschea tunisina Mustafà; da una delegazione del Parlamento belga all’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice che, alla seconda visita, ha voluto portare con sé, dalla cattedrale, centinaia di giovani. Perfino il presidente Mattarella gli ha fatto recapitare una lettera personale, dedicandogli parole di convinto appoggio.